Sono tanti i proverbi, le tradizioni gastronomiche e gli eventi culturali che si ricordano e si vivono in questa giornata, in vari luoghi dell’Europa. Uno dei detti più popolari è: «A San Martino ogni mosto diventa vino», proverbio che accompagna la degustazione del vino novello, proprio in questo giorno. Ma San Martino è legato anche al termine della stagione agricola, alla fine dei lavori nei campi che segna l’inizio del periodo di raccolta. Diverse sono le opere artistiche dedicate a San Martino e a questa giornata, tra dipinti e poesie (San Martino di Giosuè Carducci, l’affresco di Simone Martini, ecc.).

San Martino nasce a Sabaria Sicca in Pannonia (attuale Ungheria), nel 316 o 317. Figlio di un ufficiale romano, trascorre l’infanzia ed è educato a Pavia e a 15 anni si arruola nella guardia imperiale. In seguito viene inviato in Gallia, poi lascia l’esercito e si batte contro l’eresia ariana. Vive per alcuni anni come eremita, diventa vescovo di Tours, fonda uno dei primi monasteri dell’Occidente e muore nel 397. Il gesto caritatevole principale per il quale è riconosciuto San Martino è quello di aver regalato metà del suo mantello ad un povero incontrato per strada. Si toglie il mantello, lo taglia in due con la spada e ne dà una metà al poveretto. “Dio ve ne renda merito!”, balbetta il mendicante, e sparisce. San Martino, contento di avere fatto la carità, sprona il cavallo e se ne va sotto la pioggia, che comincia a cadere più forte che mai. Ma fatti pochi passi ecco che smette di piovere. Il sole comincia a riscaldare la terra obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello. Quella notte sognò che Gesù Cristo si recava da lui e gli restituiva la metà di mantello che aveva condiviso. Udì Gesù dire ai suoi angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano, egli mi ha vestito.” Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro.

La prima foto raffigura una tela di “San Martino vescovo”, che si trova all’interno della Chiesa di S. Martino di Taverna (CZ). L’opera è attribuita a Gregorio Preti, fratello del noto pittore Mattia Preti. Mattia fu battezzato in questa chiesa, il 26 Febbraio 1613, ed in essa, la famiglia Preti possedeva una cappella gentilizia. La chiesa fu fondata nel XV secolo e subì diversi rifacimenti nei secoli a seguire. Custodisce anche una icona bizantina “Eleoùsa” (colei che mostra tenerezza/misericordia) della Madonna delle Grazie, definita “Quadrettino miracoloso”.

Il secondo dipinto si trova nella chiesetta di San Martino di Giove, nella frazione Canale di Pietrafitta (CS). Percorrendo una stradina che attraversa una serie di pini, ad una altezza di circa 845 m slm, alla pendici occidentali della Sila, si giunge alla chiesetta di San Martino di Giove, nella frazione Canale di Pietrafitta (CS). E’ probabile che sia stata fondata nel VIII secolo dai basiliani, durante l’invasione dei Longobardi. Ad attestare ciò potrebbe essere la tomba del beato Umbertino da Otranto (forse morto nel 778), rinvenuta nella chiesa. In realtà San Martino di Giove era un monastero e fu frequentato anche da Sant’Ilarione di Casoli (CH) con i suoi seguaci prima della loro partenza verso Chieti per fondare un altro convento. Il monastero di Canale fu frequentato dai Florensi a partire dal 1198 e lo detennero fino al Settecento, quando il complesso divenne casa colonica. Il complesso subì otto terremoti tra il 1836 – 1905. Fu acquisito dal Comune di Pietrafitta nel 2013 ed il suo restaurò venne portato a termine nel 2015. E’ composto da tre ambienti: la chiesa, la stanza degli alloggi per i monaci e la Cappella di San Marco dove venne sepolto Gioacchino da Fiore nel 1202. Dietro l’altare si trova un affresco Ottocentesco che raffigura San Martino (il patrono dei viandanti) che taglia il suo mantello per donarlo ad un mendicante. Mi sono chiesta perché il nome del complesso contenga il nome “Giove”. Secondo quanto afferma l’architetto Lopretone nel suo libro su San Martino di Giove a Canale, Padre Francesco Russo ha spiegato che esisteva una località sul sito di nome S. Maria di Monte Giove abitata da eremiti. E’ attestato che il luogo non fu frequentato dai romani e quindi il nome non allude al dio Giove. La nostra guida, quando ci recammo sul sito, ci spiegò che un giorno di settembre (non si conosce il secolo) si verificò il fenomeno dell’allineamento dei pianeti. Forse Giove era il pianeta più luminoso e forse il più visibile.

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