Nel sec. VI, in alcuni documenti latini, la campana è indicata con i nomi signum e campanus. Signum perchè il suo suono era un segnale di convocazione agli atti liturgici; campanus perchè allusivo della Campania, regione da cui si è diffuso il bronzo campanario in ogni dove. In Italia tale uso si è affermato a partire dal sec. VIII. In epoca normanna essa serviva per annunciare riunioni o altre ritualità, ma anche per avvisare l’arrivo dei turchi alla marina: allarmi, allarmi/ la campana sona/ li turchi su’ sbarcati a la marina! Nel 1969, la fusione della campana un episodio televisivo a cura del regista russo Andrei Torkovskij. Una storia antichissima che divenne arte preziosa tra mistero e tradizione secondo i pensieri filosofici secondo i canoni sapienziali della materia. In tutto questo, a partire dal 1815, gli Scalamandré avevano perfezionato la fusione di campane fino ad essere annoverati tra i migliori d’Europa (come riportato nella numerosa storiografia esistente, specialmente quella degli Annali di Stato, vol. 51). Una lunga storia che quest’anno, compie 210 anni.

La tradizione campanaria degli Scalamandré la si fa risalire al XVIII secolo ed è stata attiva fino agli inizi del XX secolo. Oggi gli eredi ing. Antonello Scalamandré (dirigente scolastico del prestigioso Liceo Statale “” di Vibo Valentia) e il fratello, anch’egli ingegnere Luigi Scalamandré conservano cimeli, tra scritti, progettazioni, utensileria, medagliere e quant’altro sulla fusione di sacri bronzi posti sui campanili di Chiese e Cattedrali, in tutto il territorio calabrese, nazionale edeurope. Lungo questo percorso operativodi prezioso artigianato del bronzo la fonderia Scalamandré ha realizzato oltre 400 campane (Palmi, Maida, Cosenza, Capua e numerosi altre città italiane). In merito a tanta produzione nei numerosi testi che si sono occupate di comprendere tanta eccellenza viene riportato che “le loro opere sono caratterizzate da una fusione in bronzo di alta qualità, con leghe composte da 4 parti di rame e 1 di stagno” Opere preziosissime con iscrizioni dettagliate, immagini di santi e simboli religiosi che richiamano l’importanza culturale e spirituale di questi manufatti con riferimento alla storiografia dei paesi e città dove questi bronzi hanno solennizzato con il loro timbro idiofono cerimonie di ogni sorta.

Negli Annali di Statistica Industrale del 1894:23 viene ricordata questo artigiano, definito nel
volume 51, “prezioso”, e di “elevata professionalità”
. Nella fonderia di Raffaele Scalamandré le campane venivano fuse con forno a crogiolo per 100 giorni all’anno e vi lavoravano 6 operai adulti.
Esempi di questa maestranza fortemente apprezzata anche in Europa:
La grande campana fusa nel 1832, fusa da Raffaele Scalamandré, ancora visibile sul campanile
del duomo di San Leoluca. Pesa 19 quintali.
La campana del municipio di Vibo Valentia, realizzata nel 1934.
Una campana fusa nel 1884 ed esposta al Museo archeologico nazionale di Vibo Valentia,
celebrando il legame tra la famiglia e la tradizione marinara locale.
La campana maggiore della Chiesa del Purgatorio in Tropea reca impresso il marchio delle
Fonderie Scalamandré in Monteleone di Raffaele e di Nicola Scalamandrè anno di fusione 1876.
Le campane della Cattedrale di Mileto.
La campana esposta presso il museo di Vazzano risalente al 1904.
Nel catalogo dei Beni Culturali della Calabria si fa riferimento all’artista e maestro Raffaele
Scalamandré per la realizzazione di una campana datata 1871, sorretta da sei grappe decorate
con floreali, mascheroni e testine di cherubini e al centro la Madonna del Rosario sotto
riportata.

Il declino di questa maestranza che ha segnato il suono bronzeo fuso in Calabria, Nella Montelone del XIX secolo. Con l’avvento della Prima Guerra Mondiale, molti fonditori di campane, compreso l’illustre maestro vibonese, furono chiamati a produrre cannoni per l’esercito, portando al declino la tradizione campanara. Raffaele Scalamandré, ultimo grande esponente della famiglia, morì prematuramente nel 1918, segnando la fine dell’epoca d’oro della fonderia monteleonese tra le migliori d’Italia se non la migliore in assoluto e tra le prime d’Europa.

Oggi la memoria quanto l’identità di questa rarissima sapienza della fonderia Scalamandré di Vibo Valentia è custodita in vari musei e chiese della Calabria, dove le loro campane continuano a testimoniare l’arte e la devozione di una tradizione secolare di quella che ormai è divenuta disciplina accademica campanarologia. Nel 1902 partecipa all’Esposizione Internazionale Campionaria di Marsiglia e all’Esposizione Campionaria di Roma con una campana di 5 quintali che conseguì in entrambe le manifestazioni il “Gran Premio con Diploma d’Onore e Medaglia d’Oro”. Secondo il Cav.Pietro Tarallo 1933:115, tale tradizione della fusione delle campane in Monteleone la si fa risalire al 1671, per tale Gerardo Olitapa da Vignola fonditore girovago e, dopo una serie di vicissitudini, nel 1815, passerà alla famiglia Scalamandré. (Tarallo, 1933-115-121). Con Raffaele Scalamandré, morto giovane, nel 1918, durante i combattimenti durante la guerra, terminò la nobile tradizione della nobile fonderia di questa nobile famiglia. Oggi, Luigi Scalamandré continua a promuovere questa grande storia con pubblicazioni di volumi, saggi eseminari. Attualmente sta per dare alle stampe una edizione aggiornata sulla fonderia di Campane in Monteleone di Calabria.
