Ringrazio Giuliano Guido per questo album ricco di nozioni sulle ville romane in Calabria e di preziose foto.
Aggiungo solo 6 foto di altre tre ville romane (con terme): quelle di Montepaone (CZ), di Acconia (CZ) e di Reggio Calabria.

Sul territorio della Calabria o meglio nel Bruttium, sono disseminati i ruderi delle ville dell’età romana, quasi tutte rinvenute in modo casuale.
Si hanno notizie delle ville romane già al finire del III secolo avanti Cristo, e la loro presenza sarà attiva fino al III secolo dopo Cristo, con un forte incremento dopo il termine delle guerre puniche.
Originariamente la ‘villae romanae’ (la nominerò ‘villa’), era costruita con lo scopo di sfruttare le risorse agricole-pastorali del territorio su cui erano costruite, una vera e propria azienda agricola, condotta dal proprietario che sfruttava il ‘fundus’.
Successivamente, alla fine delle guerre puniche, la ‘villa’ fu l’espressione della ricchezza e del potere dei ricchi aristocratici romani, che pur mantenendo, il carattere agricolo-pastorale, la resero fastosa e piene di agi, facendola diventare la ‘villa’ di ‘otium’, ‘otium’ inteso come luogo in cui trascorrere parte del loro tempo per meditare o per dare ricevimenti concludendo affari o intrecciando relazioni. Le ville di epoca romana sono anche definite del ‘ negotium’, o marittime per quelle poste vicino la costa del mare.
Sul territorio della Calabria vi sono ville dell’età romana, che per la vasta superficie o per la presenza di terme con i mosaici, dimostrano la ricchezza e l’opulenza degli aristocratici romani del tempo, sono di esempio la villa posta sul promontorio di Cirella o a Casignana o Roggiano Gravina.

La ‘villa’ era costruita in luoghi panoramici, su un fertile e salubre territorio e con la vicinanza di sorgive o fiumi. Nel trattato di ‘De re rustica’ di Columella, uno scrittore romano di agricoltura (4-70 d.C.), sono indicate le regole ben precise, per come scegliere il territorio dove e e le modalità costruttive della ‘villa’:
<<…dove il clima è salubre, feconda la zolla, in parte piano, in parte a colline mollemente digradanti verso oriente o mezzogiorno … non lontano dal mare o da un fiume navigabile, per cui si possono esportare i prodotti e far venire con facilità le merci necessarie>>.

La villa si articolava secondo una schema e un’architettura ben precisa e comprendeva:
la ‘pars urbana’, un’area riservata (domus) al padrone, alla sua famiglia e agli ospiti, con ambienti con pareti decorate e preziosi arredi;
la ‘pars rustica’, in cui vi era la casa del fattore degli schiavi e dei sorveglianti;
la ‘pars fructuaria’, formata da magazzini per la conservazione e lavorazione dei prodotti agricoli, con i ‘dolium’ per la conservazione di grano, olio o vino, il ‘torcularium’ sia per la spremitura delle olive che dell’uva, intorno alla villa si estendeva il ‘fundus’, costituito da tutto il terreno sfruttato.
Le ville-fattorie avevano a disposizione un vasto territorio, da cui traevano, tramite una conduzione schiavista, grano, vino, olio, formaggi, prodotti utilizzati per il proprio mantenimento, e per il fiorente commercio verso Roma e nel Mediterraneo, oltre ad avere greggi ovini e mandrie di bovini.
La presenza delle ville di epoca romana hanno caratterizzano il territorio calabrese, trasformandolo. Con la caduta dell’Impero romano, la maggior parte delle ville, specialmente quelle marittime saranno abbandonate, molte resteranno attive, come quelle poste in altura e quelle che avevano una buona attività commerciale.

La maggior parte delle ville, sul territorio calabrese sono state rinvenute casualmente, durante gli scavi per la costruzione di case o strade. I resti delle mura delle ville, che oggi vediamo, non hanno un grande elevato, poiché la tecnica costruttiva, con pietre o mattoni (opus incertum o in opus reticulatum), elementi modulari, li hanno resi facilmente deteriorabili. Altre ville, nel tempo sono state trasformate o riadattate integrandoli con altri fabbricati costruttivi, come la villa in località Camerelle nel territorio di Castrovillari, altre sono state utilizzate come cave.

In Calabria le ville di maggior fasto e con i maggiori reperti rinvenuti sono: la villa di Casignana con un’ampia superficie mosaicale, ma tagliata in due dalla SS 106, il Naniglio con il ninfeo e i mosaici a Gioiosa Jonica, aperta solo in alcuni giorni dell’anno, quella di Pian delle Vigne a Falerna resa fruibile al pubblico ma ricolma di rovi, un’altra ancora si trova sul piano della Terina a Nocera Terinese indagata dall’archeologo Paolo Orsi di Rovereto, un’altra era costruita sul promontorio di Cirella e in prossimità di questa vi è l’imponente mausoleo di Treodoliche. Un altra a Roggiano Gravina quasi sommersa dal bacino dell’Esaro, a Bova Marina collocata sotto la strada del nuovo tronco della SS 106, ad Amantea in località Principessa, oggi ‘insabbiata’ poiché non vi sono i finanziamenti necessari per gli scavi, ad Acconia di Curinga, nel catanzarese con le terme di Castore e Polluce, in località Tauriana di Palmi di cui resta la cisterna ipogea trasformata in chiesa paleocristiana dedicata a San Fantino, a Bivona in prossimità del castello, a Sant’Irene nelle cui vicinanze vi è lo scoglio della Galea trasformato dai romani in una peschiera, altre ancora a San Lucido all’interno di un supermercato, a Paola in prossimità del lungomare.

Alcune sono diventati dei parchi archeologici, come quella di Casignana o Bava Marina, altre pure essendo fruibili, come quella di Pian delle Vigne, sono ritornate nell’oblio e quindi in preda ai rovi e ai cinghiali, altre sono perennemente chiuse o bisogna trovare l’addetto che ne permetta l’ingresso, come quella di Roggiano Gravina.

Purtroppo la maggior parte delle ‘villae romanae’ nell’ager brutius’ restano nel continuo abbandono, prive di indagini archeologiche, oppure ricoperte di sabbia in attesa di tempi migliori, con una comunità poco partecipe, dal semplice cittadino all’amministrazione, comunità che confonde i ruderi antichi con pietre vecchie, forse perchè ancora intrisi da un passato cadenzato da eventi catastrofici come i terremoti, o forse perchè gli ‘strati’ delle civiltà sono così tanti da non farceli distinguere’.

L’archeologo Armando Arslan, chiamato in Calabria per compiere le campagne di scavo che riportassero alla luce gli insediamenti romani, in una intervista sulle terme di Acconia, diceva che : <<L’amministrazione, la comunità devono farsi carico dei beni archeologici che si trovano sul loro territorio o quanto almeno preservarli>>.

Il numero delle ville di epoca romana sul territorio della Calabria è elevato, l’archeologa Simona Accardo, nel suo libro: “Villae romanae nell’ager Bruttius. Il paesaggio rurale calabrese durante il dominio romano” (2000), ne recensisce 169 tra ville e fattorie romane, e nel suo libro al capitolo dell’Addendum scrive:
<<Il panorama delle ville romane in Calabria non si esaurisce con i 169 insediamenti descritti. Ad essi andrebbero aggiunte almeno una ventina di ville-fattorie delle quali, però si hanno al momento notizie così vaghe che non ci consentono nessuna maggiore precisazione.>>.

In questo post allego diverse piantine della Calabria, disegnate dagli archeologi: Accardo S, Kahestedt U. e Jorquera Nieto J. M. con la collocazione delle ville di epoca romana.

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