Nel territorio di Petrizzi (CZ), fu costruita, per volere del Conte Ruggero I d’Altavilla, una diga, di cui rimane oggi solo una parte. La località prende il nome probabilmente dal termine dialettale di “roncola”, l’attrezzo agricolo per disboscare i terreni.
Secondo altri deriva da “Aurunci”, una popolazione osca di origine indoeuropea, arrivata in Italia intorno all’anno 1000 a.C. Gli Aurunci combatterono contro i Romani, secondo la tradizione nel 505 e nel 495 a.C., ma furono sottomessi nel IV sec. a.C. Pare che si stanziarono pure in Calabria, arrivando dal Lazio, soprattutto tra Montepaone Lido e Pietragrande. Secondo alcuni, gli Aurunci e gli Ausoni sarebbero la stessa popolazione.
La zona dove il Conte Ruggero fece costruire la diga era ricca di ruscelli, pieni di pesci. Ruggero era appassionato di pesca e fece convogliare i ruscelli in un unico punto tramite condotte e ordinò la costruzione della diga. Si formò un grande lago, le cui rive arrivarono fino alle colline di Chiaravalle Centrale.
La leggenda di Clara Vallis (ambientata a Chiaravalle Centrale) narra che la figlia del Conte Ruggero, Chiara (figlia immaginaria), morì facendo una gita in barca sul “lago”.
Il lago era navigabile da piccole imbarcazioni. Irrigava i campi. A seguito di piogge torrenziali, il fiume Beltrame si ingrossò e spezzò la diga. Da qui la diga prese il nome di “Muro Rotto”. Sono legati a Muro Rotto più paesi nelle vicinanze ad esso, soprattutto San Vito e Palermiti.
Si narra che un giorno dei contadini videro San Vito su una barca guidata dal suo angelo custode e li invitava, con una spada, ad allontanarsi perché era in arrivo una forte alluvione. I contadini pensarono che fosse stato il santo a rompere la diga in un punto per evitare che tracimasse travolgendo ogni cosa. Si spostarono più in alto e per i danni subiti dall’alluvione (attutita dal santo) crearono il paese di San Vito, aggiungendo “sullo Ionio” perché si affacciava sul Mar Ionio.
Sempre in prossimità del Muro Rotto, circa 300 anni fa, accadde un altro episodio. Dei contadini videro una luce che proveniva da un quadro incastonato nel muro della diga. Il quadro raffigurava la Madonna vestita di rosso con un mantello azzurro, con Gesù Bambino sul braccio sinistro e nella mano destra una fiaccola. Al quadro fu attribuito il nome di “Madonna della Luce”. Dei muratori cercarono di rimuovere il quadro senza successo. Riuscì un certo De Marco di Palermiti. Gli abitanti dei paesi limitrofi si contendevano il quadro. Si decise a questo punto di mettere il quadro su un carro trainato da buoi, senza conducente. Nel paese dove si sarebbe fermato il carro, gli abitanti lo avrebbero accolto. I buoi giunsero a Palermiti e si fermarono in ginocchio vicino alla vecchia chiesa di San Giusto, dove venne sistemato il quadro. La chiesa venne distrutta dal terremoto e il quadro venne sistemato nell’attuale chiesa matrice, chiesa scelta da Maria, in quanto fu vista da una donna che trasportava delle pietre, una notte, proprio sul posto dove venne poi costruita la chiesa matrice.
Tra storia e leggenda aggiungo le notizie fornitemi da Pietro Viscomi di Petrizzi, che ringrazio vivamente. Si narra che i pesci pescati dal lago venivano poi consumati nel paese di Cenadi (CZ) da Ruggero ed i suoi seguaci. Pare che Cenadi sia stato fondato da Ruggero stesso, in quanto la zona in cui sorge il paese, era adatta alle sue battute di caccia, visto la vasta quantità di boschi e selvaggina. Si potrebbe pensare che il nome di Cenadi, scomponendolo, CENA -DI, possa significare: LA CENA DEL GIORNO. Si racconta pure che la diga facesse parte della Via Normanna che partiva da Mileto (VV) e raggiungeva Squillace.
Pare che la diga fosse lunga 250 m e larga 5 m.
Tra le mie foto ho inserito una targhetta che si trova su una icona davanti alla diga. Il testo è tratto dal libro “Della Calabria Illustrata”.
L’ultima domenica di agosto si celebra la “festa grande” della Madonna della Luce. Come mi hanno riferito alcuni abitanti di Palermiti, ogni 5 anni si svolge anche una lunga processione che va da Muro Rotto al Palermiti. 

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