Che l’alimentazione sia legata a diversi fattori quali quelli geografici, climatici, biochimici, della tipologia dei terreni, metodologie e tecniche di lavorazione sono da tempo condizioni comunemente acquisiti a livello storico, antropologico, sociologico, gastronomico, medico e
delle tradizioni. Pertanto, non si può parlare del cibo della tradizione senza entrare nelle storie delle mescolanze con altre realtà gastronomiche. È necessario fare riferimento alle esposizioni dei territori, alle modalità delle coltivazioni e a tutti quei processi preparatori
legati ad antiche tradizioni che, nell’insieme, determinano cultura e ideologia del cibo legati alla festa, al lavoro, alle relazionalità. Processi che. Seppure, mantenuti durante i periodi
dell’emigrazione nelle Americhe di fine Ottocento ed inizio Novecento, subirono
modificazioni sostanziali dovuti a influssi interregionali quanto a modificazioni subite dai nuovi sistemi alimentari presenti sui territori adottivi per le presenze di diverse etnie
(spagnola, francese, brasiliana, ebraica, asiatica), quanto dalla tipologia di cottura: quasi sempre su fornelli elettrici o a gas, rispetto a quella paesana fatta sul fuoco della legna e in contenitori di terracotta. Va sottolineato che, secondo una certa lettura antropica, i sapori calabresi furono quelli che storicamente mantennero sostanziali originalità anche con il contatto della cucina dei paesi di arrivo, anche perché gli emigrati calabresi, in particolare,
portarono con sé in valige, bauli, sacchi, sementi e talee per riprodurre nelle terre d’America l’identità del paese di origine attraverso i sapori, il gusto, il profumo creando così memoria del luogo natio che veniva condiviso con il “nuovo” adottivo che viene anche richiamato in
canzoni come That’s amore (in cui si fa riferimento alla pasta e fagioli) quanto nella produzione cinematografica come nel film Walk in the clouds (in cui si fa riferimento alla coltivazione della vigna e alla fiera del vino).

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