Un’altra etnia importante in Calabria, oltre a quella albanese, valdese e grecanica, che ha contribuito allo sviluppo civile e culturale della nostra terra e della quale si parla poco, è quella Armena. La presenza degli armeni in Calabria risale al periodo compreso tra il VI e il IX secolo. La prima presenza fu voluta dall’imperatore Giustiniano per favorire l’organizzazione e l’approvvigionamento alimentare dell’esercito romano-orientale, impegnato nella conquista della penisola italiana durante la guerra greco-gotica. Altre presenze di armeni, impiegati come soldati, si ebbero con l’imperatore bizantino Eraclio I e successivamente sotto Niceforo Foca il Vecchio, generale bizantino. A testimoniare la loro presenza in Calabria, ci sono molti elementi. Nella zona tra Bova e Bovalino ci sono molti cognomi e toponimi. I cognomi sono: Armeni, Armeno, Trebisonda (quest’ultima era una città sul mar Nero abitata da greci ed armeni, prima della conquista turca), Liriti, Burzumati. I toponimi sono: Discesa dell’Armeno a Bova, Varta e Varet a Casignana, Rocca dell’Armenio o degli Armeni presso il borgo abbandonato di Bruzzano Vecchio (RC). Bruzzano Zeffirio, invece è il nome del borgo attualmente abitato. Nel vecchio borgo di Bruzzano, denominato appunto Bruzzano Vecchio, si erge una rocca di arenaria, un tempo fortificata. Sono visibili i ruderi del castello risalente al X – XI secolo, con vari rifacimenti. A Bruzzano Vecchio abitarono monaci basiliani e armeni. Da qui il nome di Rocca Armenia. Nell’862 gli arabi distrussero la Rocca, ma la comunità si ricompose e durò fino al 925 quando i saraceni invasero questo luogo e lo usarono come loro base. In seguito Bruzzano ebbe varie appartenenze feudali. Prese il nome di Bruzzano Vetere con i Normanni per poi divenire Bruzzano Zeffirio. Altre testimonianze armene sono presenti nella chiesa rupestre a Brancaleone Superiore. La chiesa di Brancaleone è una chiesa rupestre scavata nella roccia, a forma circolare con al centro una colonna, rappresentante l’albero della vita. C’erano anche tracce di affreschi fino al 1940. Fu usata come prigione e come rifugio durante la seconda guerra mondiale. L’ispettore onorario Sebastiano Stranges capì di essere di fronte ad una chiesa rupestre armena, riconoscendo un piccolo altare adornato da una croce e da un pavone graffito prostrato in segno di adorazione, tipico della cultura e della simbologia persiana ed armena. Tracce di presenza degli Armeni si trovano anche nei pressi di Ferruzzano nel reggino. Orlando Sculli, professore di materie letterarie, nato a Ferruzzano e residente a Brancaleone, ha censito e catalogato 152 palmenti in agro di Ferruzzano. Sicuramente sono palmenti usati durante il periodo bizantino ed armeno in Calabria, ma è anche molto probabile che siano stati usati precedentemente, visto la grande quantità di anfore vinarie magnogreche rinvenute nella zona. In contrada S. Pietro, si trova un palmento che porta impressa una bellissima croce armena trilobata, poggiante su un triangolo equilatero. Molte croci armene ritrovate sono trilobate, cioè riportano alle estremità dei quattro bracci, la forma del trifoglio greco. Spesso sono sormontate da sfere o poggiano su sfere o triangoli, simboli della spiritualità armena. Qualche interrogativo ha posto la croce del Santuario della Madonna di Polsi a San Luca (RC). Infatti pur essendo trilobata, come usavano fare gli armeni, presenta sulle braccia della croce, delle volute non riscontrabili in nessun’altro tipo di croce. Un altro esempio di stile armeno è rappresentato dalla chiesetta, nei pressi di Ferruzzano, nota come Santa Maria degli Armeni. Infatti si presenta come un tempietto a forma di pagoda, stile siriaco-armeno. Esiste una croce incisa su un mulino ad acqua di Staiti (RC) che potrebbe trattarsi di una croce armena, poggiante su un triangolo, con quattro raggi al centro. Altri elementi della presenza armena si ritrovano in ambito alimentare. Ancora oggi si mangiano le taglierine con i fagioli (Do fasulia), tipico piatto armeno. Inoltre, in due terreni privati, uno a Palizzi (RC) e l’altro a Tiriolo (CZ), si coltiva ancora il melograno nero, presente in passato in un villaggio dell’Iran Occidentale appartenente agli armeni e oggi abbondantemente coltivato proprio in Armenia.

Ringraziamo Sebastiano Stranges Ellesmere, Carmyne Verducy e Antonio Aricò per il loro contributo fotografico

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