Davvero una associazione singolare, questa dei Calabresi Capitolini, nata da poco, per volere dell’avvocato Luigi Salvati che da tempo aveva manifestato il proposito di cercare – dopo più di qualche anno – i calabresi che avevano scelto di studiare presso l’Università della Sapienza e, che avevano poi trovato ospitalità presso le case dello studente dell’Urbe. Il “nuovissimo sodalizio culturale” ha infatti, ha avuto il proprio battesimo, il debutto formale, – grazie soprattutto all’amico Giulio Currado ex direttore dell’Adisu – proprio presso il Teatro Pasolini all’interno dell’Università. Pian piano, al primo momento di euforia associativa, dove si erano ritrovati tanti ex studenti, ha fatto seguito la condivisione di altri intellettuali, di operatori culturali, di artisti e di tanta gente di Calabria che oggi vive e lavora a Roma. Questo ha poi permesso al sodalizio capitolino, di realizzare importanti eventi culturali prevalentemente dedicati alle “radici”, alla terra di origine. I Calabresi Capitolini, da subito, hanno scelto la letteratura, la poesia e il confronto culturale; cosa che ha consentito a tanti amici di poter “riscoprire”, sempre attraverso le testimonianze dei più importanti studiosi di molte Università, grandi letterati e uomini di assoluto spessore culturale: Corrado Alvaro, Lorenzo Calogero, Giuseppe Berto, oggi Mahmoud Darwish e prossimamente Saverio Strati. Venerdi14 novembre, presso la sala del Carroccio, dentro il palazzo del Campidoglio di Roma Capitale, l’associazione dei calabresi dell’Urbe, insieme agli amici e alle amiche del “Comitato Inchiostro”, ha inteso dare la parola al più grande poeta palestinese Mahmoud Darwish. Anche questa volta, ci siamo avvalsi della competenza di docenti, di grandi comunicatori della poetica immortale del cantore palestinese, insieme alle testimonianze delle alte sfere del mondo diplomatico interessate all’evento culturale, oltre che alla gestione della politica estera e al sostegno delle imprese del proprio Paese. La serata romana si è svolta alla presenza dell’Ambasciatrice di Palestina a Roma, S. E. Mona Abuamara. Intensa e drammatica la testimonianza dell’Ambasciatrice, che si è ispirata alla narrazione poetica di Darwish, attingendo direttamente alla “memoria” e al “ricordo della propria infanzia, nella martoriata terra palestinese, ripercorrendo le tappe della propria vita, ci ha offerto una visione della sua terra e, di quella tragedia lacerante che, continua a perpetuarsi ogni giorno, con le azioni più cruente di una guerra infinita. Morti e miserie sono il barbaro risultato delle azioni della follia, quando la ragione è relegata al buio più buio e, per mancanza di luce si affievolisce e muore. L’Ambasciatrice con le sue parole accorate, ha fatto breccia direttamente nell’anima di ognuno, ci ha fatto sentire vicini tutti.

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