All’amico Mario.
Mario Nanni si è incastonato come una tessera pregiata nel mosaico frammentato della mia esistenza; calzante come un tassello speciale, si è fatto riassunto aureo della parabola della vita. Mario è un amico speciale, giornalista, storico, scrittore d’immensa cultura. Un uomo veramente carismatico, una persona vera che, nel suo interagire, sa ben suscitare ammirazione, fiducia e meraviglia. A lui “è sufficiente solo uno sguardo per capire” ciò che portiamo nel velo di cristallo dei nostri occhi. Ed è vero: “gli occhi sono specchio dell’anima”, cosi, come hanno narrato tanti scrittori nelle più belle pagine della letteratura mondiale. “Gli occhi sono la porta dell’anima”, diceva Platone nel Fedro e, negli occhi davvero si può cogliere un contenuto più intenso, si può intravvedere un sentiero lungo e complesso. In questo affaccio comune alle creature della terra, proprio dentro ai cristalli di questo “specchio vivo”, si muove “la parabola del mondo”, (1) perché è proprio per mezzo dello sguardo e degli occhi che andiamo incontro alla vita e, la vita stessa ci viene incontro, attraverso la stessa “via”. Alcuni, fra gli uomini poi, hanno un magnetismo speciale, sicuramente perché, alle finestre di questa nostra mente, hanno impresso che è: “Tutto come detta l’anima! Quel che è negli occhi, nelle parole, è anche nel cuore!”(2) Poi, le parole di Mario hanno canto e cammino armonioso, tutto fluisce da quegli occhi speciali, dal suo scrutare profondo e sincero. Occhi – i suoi – che hanno bisogno di sguardi vicini, per l’umanissimo incontro e per il suo intenso percepire; Mario che si spinge ben dentro le membrane degli altri che restano accanto che stanno a contatto, Mario dallo sguardo caldo, intenso che, con un rapido esame, oltrepassa ogni retina dei tanti occhi che si trova dinnanzi. Attento, sempre concentrato, innanzi alla persona di fronte per poter meglio comprenderne l’uomo, per carpirne moti e inquietudine del cuore, scrutandoli solo attraverso lo sguardo. Mario ha occhi belli, capaci di vedere dentro onde e emozioni, fino agli angoli più intimi di quello che – a volte – vorremmo velare o tenere segreto. Gli occhi non mentono mai, ed è difficile cadere in errore; pupille tonde e brillanti dentro quelle sue arcate apprensive, appalesano bene: furberie, bontà, umiltà, dedizione, alterigia, fissazioni e manie. Il contatto visivo svela tutto, mostra tanti segreti a ogni anima sensibile e pura. A Mario, per questo, basta: una discussione, una confidenza, un confronto fugace, per delineare carattere, umanità, lealtà, correttezza di ogni suo interlocutore. La sua vista è colma di pazienza, perché “Non è la stessa cosa avere gli occhi e guardare, e non è lo stesso guardare e vedere.” 3) Mario Nanni, possiede tutta la forza del fare, quella determinazione e quel coraggio che sono – da sempre – il “corredo“ degli umili; audacia e decisione, nel tempo, ne hanno fortificato il carattere e alimentato esaurientemente la sua cultura classica, frutto degli studi presso le scuole più prestigiose del suo Salento. Nanni incardina quel “sentirsi e farsi umile”, nel senso del riuscire a portare alla luce innanzitutto la propria coinvolgente umanità, attraverso una incondizionata disponibilità all’incontro con gli altri, proprio perché – a tutto questo – riesce a legare la sua stessa esistenza, a connettersi sempre con la presenza concreta di chi è al suo fianco, all’universo intrigante dell’altro. Costruire e aiutare, cercare di essere utile a tutti, farsi tassello giusto per dar colore all’esistenza, per dare forma concreta a quell’opera d’arte che chiamiamo vita. Nei suoi racconti ritrovo sempre “Il benvenuto, il ben arrivato della terra del pane e dell’olio”, di quella schiettezza della ruralità contadina operosa e solidale che, ci è appartenuta e che, ha segnato indelebilmente giorni del nostro tempo comune. Allora, è quasi preghiera l’adagio dei “proverbi”, l’inflessione colorita della “lingua madre” di quella terra battuta da venti lontani: dallo scirocco d’oriente, dalle sferzate fredde della tramontana, e del grecale, dalla bambagia che avvolge e si fa nebbia quando arriva il levante insistente, dallo scroscio della pioggia e dai sussulti impetuosi del mare quando spira il libeccio che gita e trascina anche il cuore e, ancora dal soffio del caldo ponente che è il sudore dell’estate. Si sa, la storia e il tempo viaggiano sui fili del vento, basta accostare l’orecchio, sedersi sulla riva del mare e, provare a cercare di comprendere quel linguaggio antico e arcano di quegli uomini che – per primi – solcarono il mare su tante assi di legno, che risalirono dalle terre delle civiltà più antiche e si confrontarono, si integrarono e continuano tutt’ora a vivere con l’umanità che popolava e popola il mediterraneo. Nanni incarna sogni e inquietudini che accompagnano l’uomo dal mito alla quotidianità, egli ha dentro quella aspirazione irrefrenabile verso la conoscenza e verso la scoperta; per questo trova tempo e metodo; “Essere umili per essere grandi: cosa puoi dare in generosità, alla tua vita, se non il miglior te stesso, la tua speranza, le tue scelte più coraggiose, la coerenza con ciò che sei e senti di essere?”(4) Mario, negli occhi mostra “lo sguardo dell’anima che è la ragione” e per questo trova e si batte contro ogni ingiustizia. Bisognerebbe stare attenti a quello sguardo, quel ‘guardo ch’è eterno: “Voi che attraverso gli occhi mi avete trapassato il cuore”.(5) Da laico, nel distacco e nell’addio, diviene forte la sua sconfinata invocazione che si fa anche preghiera pur senza dire niente, ma solo nell’eloquenza del silenzio.: ‘llumina – Signore – i miei occhi perché io non m’addormenti del sonno della morte; (6) anche se: “La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora”. (7)

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