La Calabria, regione ricca di tradizioni, emigrazione e radici culturali profonde, ha portato in Argentina non solo la sua gente ma anche un patrimonio artistico significativo. Nel corso dei decenni, vari calabresi (o di origine calabrese) si sono distinti nelle arti – musica, pittura, scultura –, contribuendo in modo rilevante alla cultura argentina. Di seguito, alcuni dei nomi più importanti.

Antonio Pujía – scultura
Antonio Pujía è probabilmente uno dei calabresi più celebri nel panorama artistico argentino. Nato a Polia (Calabria) nel 1929, emigrò in Argentina giovanissimo. Si formò presso prestigiose scuole d’arte di Buenos Aires, diventando scultore professionista. Le sue opere spaziano tra bronzo, marmo, metalli preziosi, e spesso riflettono temi sociali: dalla bellezza alla denuncia, come nelle sue serie ispirate alla carestia o alla guerra. Oltre a creare, fu anche docente per molti anni. Ha ricevuto alcuni importanti riconoscimenti quali Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, cittadino illustre di Buenos Aires. Le sue opere sono esposte in luoghi pubblici argentini, come la “Colonna della Vita” a Buenos Aires. Morì nel 2018 a Buenos Aires. Il suo esempio è emblematico di come un artista calabrese possa integrarsi profondamente nella scena artistica di un altro paese, mantenendo al contempo un forte legame con le proprie origini.

Alfredo Le Pera – paroliere (tango)
Alfredo Le Pera è una figura chiave nella storia del tango argentino. Sebbene nato a San Paolo, era figlio di emigranti calabresi i suoi genitori provenivano da Aprigliano nella provincia di Cosenza . È celebre soprattutto per aver scritto i testi di diversi tanghi interpretati da Carlos Gardel, come “Por una cabeza”, “Volver” e altri che sono diventati dei classici del genere. La sua eredità si lega non solo al tango ma anche al cinema: ha scritto sceneggiature per alcuni film di Gardel. Le Pera rappresenta l’influenza calabrese nella cultura più popolare e romantica dell’Argentina: il tango è parte essenziale dell’identità nazionale argentina, e i suoi testi sono un pilastro di quel patrimonio.

Ida De Vincenzo – pittura
Nostra assidua lettrice, è un’artista contemporanea di grande rilievo, nata a Cropalati in provincia di Cosenza, ma cresciuta e vissuta a Buenos Aires. Il suo percorso è profondamente segnato dalla doppia identità: nelle sue opere emergono spesso paesaggi della Calabria e la nostalgia per la sua terra d’origine. Ha sempre raccontato di come l’emigrazione della sua famiglia abbia influenzato la sua sensibilità artistica: la Calabria come “terra lontana”, la nostalgia, le radici familiari. Partecipa attivamente alla comunità italo-argentina e ha anche un ruolo in associazioni culturali legate alla diaspora.
Ida De Vincenzo rappresenta la continuità culturale: le sue opere sono un dialogo tra due mondi, una testimonianza artistica dell’identità migrante.

Vincenzo “Vicente” Scaramuzza – pianista, compositore e maestro
Un altro nome di spicco è quello di Vincenzo Scaramuzza, originario di Crotone , emigrato in Argentina dove divenne una figura fondamentale nel panorama musicale. Nato nel 1885, arrivò in Argentina e fondò la sua Accademia (Accademia Scaramuzza) a Buenos Aires. Fu insegnante di grandissimi pianisti, tra cui Martha Argerich e Bruno Leonardo Gelber. Il suo metodo pianistico è stato innovativo: poneva grande attenzione all’anatomia del musicista, al respiro, alla connessione tra muscolo, tendine e tatto.
È considerato uno dei fondatori della tradizione pianistica argentina. Anche dopo la sua morte nel 1968, la sua eredità vive: a Crotone è stato intitolato un teatro al suo nome. Scaramuzza simboleggia il ruolo del maestro calabrese che, lontano dalla sua terra, ha lasciato una traccia profonda nella formazione musicale dell’Argentina.

José (Giuseppe) Arena – musica militare / banda
Un altro calabrese rilevante nella scena argentina è José Arena, nato a Palmi nel reggino, con nome originale Giuseppe Giacomo Mariano Arena. Compositore e direttore di bande militari in Argentina.
Ha composto marce militari tra le più note per l’Esercito argentino: “Suipacha”, “Patricios”, “General Belgrano” sono solo alcuni esempi. Ha ricoperto ruoli di rilievo come inspettore delle bande militari, contribuendo alla diffusione della tradizione bandistica in Argentina. Arena rappresenta un vertice meno “popolare” rispetto al tango, ma molto importante nel tessuto sociale argentino: la musica per banda ha avuto un ruolo rilevante nelle istituzioni e nelle celebrazioni ufficiali. Riflessioni sul contributo calabrese all’arte argentina Identità migrante e doppia appartenenza.

Molti di questi artisti incarnano la tensione tra la nostalgia per la Calabria e l’integrazione nella società argentina. Le loro opere riflettono spesso questo dualismo identitario: la terra d’origine viene idealizzata, ricordata, ma al contempo reinventata nel nuovo contesto. Non si tratta di un contributo univoco: ci sono scultori (Pujía), pittori (De Vincenzo), musicisti classici e didatti (Scaramuzza), e compositori di bande (Arena). Questo dimostra quanto la diaspora calabrese abbia influenzato vari ambiti artistici in Argentina.
Impatto formativo. La presenza di maestri come Scaramuzza ha avuto un effetto moltiplicatore: formando generazioni di musicisti argentini, il loro lascito non è solo nelle opere ma anche nell’insegnamento, nella pedagogia musicale. Artisti come Pujía non si limitavano a creare forme estetiche: denunciavano ingiustizie (carestia, guerra) e riflettevano temi universali, facendo dell’arte uno strumento di denuncia e riflessione. La storia degli artisti calabresi in Argentina è una storia di ponti culturali: non si tratta semplicemente di emigrazione, ma di un vero e proprio scambio artistico. La Calabria ha fornito talenti che, pur lontani dalla loro terra natale, hanno contribuito in modo significativo a plasmare la cultura argentina. Questi artisti mostrano come le radici calabresi abbiano dato frutto anche a migliaia di chilometri di distanza, e come la diaspora non sia solo una questione demografica, ma anche culturale. Attraverso la musica, la scultura e la pittura, le loro storie ci ricordano che l’arte è un linguaggio universale – e che le radici, per quanto profonde, possono fiorire ovunque.

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