Il progetto o la proposta del “borgo – albergo “è stata da me formulata per la prima volta nell’Italia del sud nel 1997, all’inizio del mandato di Amministratore Unico della Azienda Regionale per il Turismo della Basilicata.

Nel Piano promozionale per il turismo lucano del 1997, delineavo già alcune ipotesi di lavoro, nel quadro del turismo sostenibile, affermando la necessità di competere sul mercato turistico con “prodotti di nicchia “il più possibile non imitabili, e definivo la Basilicata come terra particolarmente propensa a divenire destinazione di un turismo sostenibile e di qualità, con trent’anni in anticipo sulle politiche attuali della green economy. Logicamente adattabile alla Calabria, poiché parte del Parco del Pollino ricade anche in questa Regione.

Successivamente ho elaborato in maniera più dettagliata e operativa queste linee-guida attraverso un documento nel quale scolpivo in modo più nitido il progetto di valorizzare la peculiarità del prodotto turistico lucano, ricco di molti piccoli centri storici minori, alcuni dei quali conservati quasi intatti, forse persino a causa della povertà e della emarginazione, che tuttavia impedirono un impatto troppo violento e distruttivo dello sviluppo disordinato degli insediamenti edilizi , tipico degli ultimi 50 anni .

Vantaggi competitivi della arretratezza

In altre parole, ho cercato di trasformare un punto di debolezza in un punto di forza e ho cominciato a parlare dei “vantaggi competitivi della arretratezza”: rimanere integri e perfino arretrati, per un certo tipo di domanda turistica è più un vantaggio che uno svantaggio, soprattutto per quei gruppi sociali che amano l’autenticità, la natura integra, e perfino l’assenza di wireless. Spesso essere ancora poveri, ma genuini e veri, costituisce l’unica risorsa intelligente a nostra disposizione in alcuni territori apparentemente emarginati e privi di attrazioni eclatanti, rumorose e pompose.

Parco Nazionale e borgo-albergo
Panorama di Morano Calabro

Il futuro è dei borghi e dei piccoli centri storici antichi

Anche se sembra paradossale e la maggior parte delle persone restino incredule, io credo fermamente che il futuro della qualità della vita sia più nei borghi che nella città e spero di essere convincente con alcune affermazioni provocatorie. Per prepararsi a questo futuro, che ho difeso anche nel Piano Strategico per il turismo, coordinato dal Professor Domenico De Masi e pubblicato nel 2018, è urgente e necessario:

  1. Dare anche ai piccoli centri o borghi storici  un modello originale e tipico di proporsi sul mercato, soprattutto in quei segmenti che sono in grado di percepire e apprezzare la proprietà irripetibili del  territorio e permettere soggiorni gradevoli e prolungati sia ad ospiti provenienti da altre regioni italiane ed europee, alla luce di un turismo originale e semplice molto particolare e pieno di fascino, sia ad ospiti che appartengono alla numerosa emigrazione , alla quale offriamo il volto rinnovato e vincente di una terra costellata di piccoli paesi e di borghi nei quali siamo oggi e in futuro in grado di valorizzare in positivo questa atmosfera di semplicità antica, ridando vita e fisionomia nuove a quelle comunità e a quegli insediamenti che erano stati abbandonati con l’esodo di un tempo, e che ora al contrario ridiventano poli di attrazione e di radicamento, di riscoperta delle atmosfere, dei sapori, della autenticità e del relax, che sono sempre più difficili da trovare nelle città e nelle società urbanizzate e spesso travolte da forme diffuse di prepotenza sociale, ostentazione e degrado.
  2. Realizzare un continuo mantenimento, salvaguardia e rivitalizzazione dei paesi e dei borghi, molti dei quali hanno caratteristiche, tradizioni, segni e memorie di grande interesse, ma che rischiano di spopolarsi e di veder crescere la loro emarginazione e il loro degrado. Il progetto del Borgo Albergo dà un’idea guida, un polo di identità nuova alla comunità che ancora vive in quei paesi. La fa sentire protagonista di un modo originale di porsi davanti al resto del mondo, in una logica di “apertura “, di accoglienza, di autostima, per farsi percepire come attraenti e capaci di offrire uno stile di vita e una qualità di rapporti umani diretti che nella grande città e nella vita lavorativa e professionale sono sempre più rari e stressanti,
  3. Riuso di abitazioni dismesse, oppure vuote per grande parte dell’anno (emigrati che ritornano solo per brevi soggiorni estivi o nelle festività): si tratta di un patrimonio che merita di essere meglio valorizzato invece di rimanere inerte e improduttivo per grande parte dell’anno, usandolo per dare ospitalità, soprattutto perché è praticamente impossibile che un imprenditore decida di costruire un albergo in questi piccoli borghi e, tuttavia, nel caso di turisti e visitatori, occorre garantire l’ospitalità: le stanze vuote di molte case dei  borghi possono diventare i corridoi di un paese-albergo, come è già stato sperimentato con successo in molti casi, come nel caso di Comeglians, nella Alpi Carniche in Friuli, del quale ho scritto nella rivista del Touring Club qualche anno fa,
  4. Dare opportunità di lavoro a donne e giovani che non trovano lavoro e che tuttavia sentono come un peso insopportabile doversi allontanare dal paese di origine: nel turismo del borgo-albergo, vi è (come in altre regioni d’Italia e d’Europa, per es. l’Alto Adige) tutta la forza di quelle economie minori, nelle quali la popolazione residente trova una significativa integrazione di reddito:  il concetto di borgo-albergo è simile a quello della ospitalità bed & breakfast, ma la integra e la organizza in maniera più coerente e unitaria, e più viva,
  5. Creare circolazione di persone, di idee, di scambi e di stimoli: le piccole comunità che rimangono chiuse, si aprono ad una comunicazione con persone e gruppi sociali che provengono da altre parti d’Italia e del mondo, e ne scaturisce uno scambio fertile, un piacere di sentirsi parte di un mondo che cammina e si evolve.

Prof. Romano Toppan Docente di Economia del Turismo e della Cultura

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