di Pino Cinquegrana – Antropologo

I nostri antenati non avevano mai viaggiato, forse nemmeno pensavano che si potesse viaggiare: mancavano le strade, lontanissimi gli scali ferroviari. Napoli, ex capitale del reame, era difficile da raggiungere. Ai nostri antenati mancava l’idea stessa del viaggio ( (G.B.Maone; 1978:30). Per il lungo viaggio, questa gente porta con sé poche cose; i sapori della terra più che altro:olive, pane duro e peperoncino da mangiare durante la traversata. Portava nell’altrove della speranza le proprie braccia e qualche immaginetta del santo a cui si è devoti per affidare le proprie preghiere. Nelle tasche della giacca o tra le falde del cappello custodivano gelosamente la foto della moglie e dei figli quanto dell’amata lasciata al paese. Portano al di là dell’Atlantico i valori di una terra antica, i loro miti, le loro tradizioni e il sentimento di una profonda religiosità. Si parte su imbarcazioni spesso inadeguate, riempendo ogni spazio della nave come si stesse immagazzinando della merce da trasportare. Su un piroscafo verso il Brasile morirono 27 persone per asfissia; su un altro per mancanza di viveri, per non parlare delle malattie contagiose che si sviluppavano sulle navi a causa delle precarie condizioni igieniche. (C. Pitto;1988: 37-50). 

Dopo 30 giorni di navigazione lo sguardo di migliaia di persone incrocia quello della statua della Libertà, che con le braccia lunghe 14 metri da loro il benvenuto e li accoglie nella terra promessa: give me your tired, your poor/your hundled massesyearing to breathe free/the wreched refuse of your teeming/ shore/ send these/ the homeless tempest los/ send to meI I lift my lamp beside the golden door (venite a me popoli stanchi, poveri, rifiuti disperati delle vostre spiagge affollate, mandate a me i senza tetto sconvolti dalla tempesta, io innalzo la mia luce alle porte dorate). Sull’isolotto di Ellis Island (l’isola delle lacrime) porta d’accesso nel mito di New York dove tutto è possibile, giungevano, a partire dal 1897, un milione di immigrati all’anno. Su questo isolotto artificiale si svolgevano i controlli di tanta gente alla ventura. Qui, nella storica Gret hall, milioni di immigrati aspettavano di passare la visita medico-attitudinale prima di diventare cittadini della big apple:start spreading the news/I’m living today/ I wanna be part of it/New York, New York cantava Liza Minnelli.

Controlli medici, psicofisici, test mentali richiedevano giorni e solo una forza sovrumana, la voglia di riuscire permise loro di accettare ogni gesto non capito in modo incondizionato anche se migliaia furono rispediti indietro come merce scaduta o avariata con la lettera H per gli ammalati di cuore e la lettera X per quanti presentavano difetti fisici o mentali.

Intorno alla città di New York erano stati preparati dei quartieri per ospitare questa gente dapprincipio veri e propri slum (bassifondi). Sarà son l’ingresso delle missioni che tutto prenderà un’altra piega di cui parleremo in seguito. Questa gente che non conosceva la lingua e tanto meno sapeva di dirittti si accontentava a vivere in condizioni estremamente misere pur di inviare quanto più denaro possibile alle famiglie rimaste al paese. I tenements  e gli slums sono le periferie squallide dove dapprincipio questa gente trova la più precaria sistemazione. Dalla gente del luogo i calabresi venivano accusati di essere scabs, slaves and dagos (crumiri, schiavi e delinquenti) perché accettavano i lavori più umili e senza tenere conto delle ore lavorative, ciò dovuto al fatto che il nostro contadino pane e zappa concepiva il lavoro offertogli meno duro di quello lasciato al paese, anche se nel 1906  i meridionali d’America faranno scioperi contro lo sfruttamento salariale. Nel 1910 40.000 lavoratori del settore dell’abbigliamento parteciperanno al grande movimento sindacale dell’Amalgamated Worker s o America.

New York ‘900

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