Pino Cinquegrana -Antropologo

L’economia calabrese tra il XIX e il XX secolo è retta da una agricoltura degradata e penosa. Il viaggio verso le Americhe è l’unica condizione di cambiamento. “Gli anni passavano. Eravamo caduti in debito finanziario…quando arrivò l’ora di fare colazione, mediante che si mangiava, uno di loro cominciò a dire che per risolvere la faccenda bisognava emigrare e partire in America” (Cesare Pitto, 1988:91). Una scelta fra due mali: emigrare o restare. Nel rimanere la prospettiva sarebbe stata “la miseria continuata, stenti e fatiche; emigrando vi sarebbe qualche speranza seppure al prezzo di duri sacrifici” (Rivista Stelle dell’Emigrante, 1989:27).
Nel 1885, nella rada di Buenos Aires, nel porto di Rachuelo, approdarono 485 vapori, di questi 79 erano italiani, 838 furono i velieri, 15 di essi giunsero da porti italiani. I passage brokers (spacciatori di carne umana) mettono insieme un buon numero di capi e, fatta la consegna, ricevuto il prezzo, poco importa del destino di quanti hanno reso tristi e deserti i propri paesi che, in cuor loro, come a dire l’On. Berio “partono nella speranza di recarsi a star bene, ma nella completa ignoranza di tutto quanto dovrà loro avvenire” (Francesco Fosci, 1988:73).
La partenza dalla ruga, implicava non solo il dispiacere della famiglia dell’emigrato, ma dell’intera via, che viveva questo momento come lo sradicamento di un membro del clan, che non sa se potrà più riappropriarsi delle cose e degli affetti a lui cari: chi partenza, chi partenza amara/chi cianginu li petri di lì mura/la navi nta lu portu si prepara/m’aspetta ammia ura pe’ ura./Io vaju e ti saluto strata/ cu sa si ndi vidimu natra vota. Si raccomanda agli emigranti, non appena gunti a Ellis Island di chiedere degli agenti della società per la protezione degli emigrantiitaliani; che le donne e i bambini non accompagnatisi rivolgano per assistenza a padre Gambera, agente della Società San Raffaele. In questo periodo, grande valenza ha avuto la figura di Mons. Giovanni battista Scalabrini – l’apostolo degli emigrati – Vescovo di Piacenza determinante nella guida morale, spirituale, economica e sociale degli emigranti; autore del famoso scritto indirizzato all’On. Paolo Carcamo al fine di strutturare il disegno di legge sull’emigrazione. Nonostante tutto non mancarono sfruttamenti di ragazzi anche calabresi finiti in mano ad agenti che li sfruttarono nelle fabbriche, come lustrascarpe (shoe shine), tanto che, nel 1901, lo sfruttamento minorile in America divenne uno scandalo pubblico.
Ferrovie, miniere, fabbriche per la lavorazione della carne, del ferro, dell’acciaio, raffineria petrolifere crearono le grandi fortune a chi già al paese era segnato e per sempre a vivere nella miseria del frutto della zappa. In un primo momento, questa marea di persone dormirà negli shanties (carri ferroviari non più in uso) e, poi, nei villaggi-fabbrica costruiti appositamente per questa manodopera a basso costo. Nel 1904, l’America Land Improvement and Silk Culture faceva sentire l’italianità ed in particolare una affermata meridionalità. La coltura del baco da seta, per opera degli emigrati, negli Stati Uniti fu una realtà che fornì a molta gente di Calabria, nelle zone del New Jersey, a diventare persino boss.
La tratta dei bianchi, fatta affluire nel XIX secolo nelle Americhe, fece comprendere quello che gli americani definirono il Manifest Destiny (il palese destino) che senza quelle braccia giunte dall’Europa meridionale sarebbe stato impossibile. Eppure, nel 1917, la politica americana si adopererà a frenare drasticamente l’ingresso di emigrati. Tre presidenti Groover Cleveland (1837-1906), William Howard Taft (1857-1930), Woodrow Wilson (1856-1924), rispettivamente il 22°, il 27° ed il 28° presidente degli Stati Uniti d’America, si opposero con forza alla volontà del Congresso. Ogni nave che ha volto la prora verso ovest portava con sé le speranze di generazioni. e generazioni di oppressi. Ma il Congresso approvava la Burnet Bill che, di fatto, vietava l’ingresso agli analfabeti. Ciò permise, nei paesi di emigrazione un aumento della scolarità. A questo punto, la domanda nasce spontanea: quale contributo diedero tutti questi emigrati all’America? Essi diedero le loro energie, il loro lavoro, la loro fede. Essi devono molto alla patria adottiva, ma anche questa deve tanto anche a loro. Questi emigrati hanno dato ricchezza e colore alla vita americana e, in certi campi, persino il loro patrimonio culturale. Essi furono, come ebbe a scrivere, nel 1911, Luigi Einaudi, “coloro che hanno gettato le basi per una vera rivoluzione, hanno fatto rinascere il mezzogiorno.
Il vento che dall’America soffia verso il vecchio continente è quello di una terra che aspetta soltanto di essere coltivata. Già dalla seconda metà dell’Ottocento, l’agricoltura americana si presentava avanzata nei mezzi e nelle tecniche e, fino all’inizio del secolo, sarà il perno centrale dell’intera economia americana tanto da istituire, a partire dal 1862, scuole a vocazione agraria. Nel decennio 1860-70, il numero complessivo delle fabbriche aumentò dell’80% e il valore dei prodotti manifatturieri del 100%. La rivoluzione industriale era un fatto compiuto! I cittadini d’America parlano al telefono, scrivono a macchina e nelle case hanno l’illuminazione elettrica. Nascono le Trusts e le Holdings. Mentre tutto ciò costruiva e diffondeva il mito dell’America, nell’Italia meridionale in genere e in Calabria in particolare i terreni sono arsi, si semina un tomolo di grano per raccoglierne mezzo (F. S. Nitti, 1968:28) tutta la vita si riduceva a non morire. In poco più di settanta anni, questa terra fu devastata da 33 terremoti e dalla malaria mentre chi già in America scriveva lettere piegate in buste arabescate che si era in attesa di un raccolto come mai prima. I paesi calabresi si spopolano e, quel 90% della popolazione giornaliera e analfabeta scappa verso le Americhe, miraggio di sazietà. Oltreoceano i contadini diventano operai specializzati, manovali nella grande costrizione, capi cantieri: 15 milioni di emigrati provenienti dai paesi del Mezzogiorno si riversano nella terra promessa e grandi città come New York, Chicago, Pittsburgh, Cleveland, Detroit si svilupparono senza limite. Insomma, se l’America pronunciava gli emendamenti XIII, XIV e XV riguardanti l’abolizione della schiavitù e il riconoscimento dei negri quali cittadini degli States, veniva aperto alle macchine il Ponte di Brooklyn ( 24 maggio 1883), la Calabria diveniva sempre più una terra in fuga verso Ellis Island, tempo sospeso prima di diventare calabrese d’America, americano sinonimo di benessere e ricchezza.

Un pensiero su “Partiti nel pianto verso dove li portava la fame (prima parte)”

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